Non serve una D stampata sul braccio: sei inequivocabilmente diverso


Ogni giorno è una scoperta ed un provare a comprendere e sentirmi parte di questo mondo.
A casa in Italia, nella mia piccola città, le cose che mi sono sempre piaciute di più fare sono assai semplici: uscire di casa, andare a comprare, al lavoro e sul cammino incontrare le persone. Scambiare due parole, chiacchierare. Persone che conosco, oppure no. Andare dal fruttivendolo, dal panettiere, alla stazione, in passeggiata mare. A piedi e, magari, goduria maxima, con calma. Respirare l'aria famigliare che fa sentire parte di una comunità, ascoltare stralci di conversazione per la strada tra nonna e nipoti, tra commessa e clienti, tra amici che sorseggiano una tazza di caffè o tra mamme che comprano la focaccia, comprenderne il significato e sentirmi parte di un tutto che scorre.
Essere come tutti e perciò confondibile tra la folla.
Qui scordati tutto ciò cara BaiLuJi.
Qui anche se te ne sbatti e ci sono giorni in cui sei tu la cinese, ti senti cinese, vai in posti in cui di solito gli stranieri non vanno...no cara. Hai quella faccia lì con al centro quegli occhi pallacei che ti frega. 
E, anche se tu ti senti parte di quel mondo, per molti sei solo un divertimento da guardare. Una novità. Non che ti guardino con supponenza, sia chiaro. Più che altro come bambini che si accorgono che c'è qualcosa di insolito in te e non sanno nascondere la propria curiosità.
Queste sensazioni di diversità che noi wai guo ren (letteralmente:  "fuori nazione persona" cioè straniero) proviamo quotidianamente sulla nostra pellaccia, beh mi fanno riflettere parecchio.
Da maestra di sostegno ed educatrice non possono che richiamarmi alla mente tutte le persone che ho incontrato. Per lo più speravano di confondersi anch'essi  tra la folla ma, per colpa di una carrozzella o di una malformazione o di una malattia, non hanno mai avuto grande successo.
 Penso a tutti i genitori ed i famigliari che li accompagnano e che spesso si ricordano che c'è qualcosa di diverso in loro solo dagli sguardi curiosi (e non per questo necessariamente colpevoli) degli altri.
La diversità è qualcosa che si ricerca a volte. Quando si fa un tatuaggio, si compra un abito bizzarro, si colorano i capelli di verde 
o si tagliano in qualche maniera che di sicuro non passerà inosservata. È un'affermazione di identità, un graffio di presenza.
Quando te la ritrovi appiccicata addosso senza il tuo permesso però, beh. Detiene tutt'altre connotazioni e sfumature.
Sei improvvisamente un nero tra i bianchi, un bianco tra i neri, un ricco tra i poveri, un vecchio che cammina tra i giovani,
un giovane in uno ospizio, un cieco tra i vedenti, un sordo al karaoke. È una sensazione di esclusione che per noi uomini, animali sociali, è dura da elaborare.
Spesso non è l'essere diverso in sé, tutti lo siamo, ma è quando ce lo fanno notare che ci girano.

Commenti

  1. Ma non sono un po'piú abituati dopo le olimpiadi?
    La prima volta che sono stata in cina a nanchino una frotta di uomini con del tempo da perdere mi inseguiva ovunque solo perché ero quella con la pelle piú bianca di tutte ( e rossa e lentigginosa e anche perché usavo l'abito tipico dei neonati come top .. ok).
    Dopo 6 anni non ho piú visto questa curiosità morbosa. Ma dipenderà dalla città.

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    1. Rispetto alla prima volta in Cina (luglio 2008) non c'e' paragone. Se sei a Shanghai nessuno ti degna d'un guardo ma a Wuxi tuttora non si passa cosi' inosservati...

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