Piazza Tian’an men, 4 giugno

L’anno era il 1989.  
Si respirava voglia di cambiamento tra gli studenti e una gran parte della popolazione. In molti desideravano che il partito comunista si ammorbidisse e si aprisse ai principi democratici. 
Dopo un mese in cui a Pechino il movimento studentesco protestava senza cedere ai lievi compromessi che sarebbero stati portati avanti da una piccolissima parte degli esponenti del Partito, gli animi fervevano e la protesta cresceva.
Si voleva che anche il popolo avesse la possibilità di decidere e dire la propria.
Proteste simili in Europa porteranno niente di meno che al disgregamento dell’URSS e alla caduta del muro di Berlino.
Ma in Cina Deng Xiao Ping e i membri anziani del Partito decisero che di fronte a un movimento destabilizzante c’era bisogno di un’azione forte, capace di far indietreggiare la popolazione nella sottomissione.
Prima dell'irruzione contro coloro che protestavano, il governo ordinò a tutti i cittadini di rimanere nelle proprie case tramite annunci in televisione e al megafono ma il 3 giugno, dopo esser venuti a conoscenza del fatto che centinaia di migliaia di truppe si stavano avviando verso Tienanmen, gli abitanti si riversarono nelle strade di Pechino, in modo da bloccarne l'avanzata. 
Come le truppe si mossero verso la piazza, iniziò a infuriare una battaglia tra le strade che la circondavano. 
Verso le 4 del mattino del 4 giugno, i carri armati penetrarono all'interno della piazza, annientando veicoli e schiacciando persone.
Verso le 5:40 del mattino dello stesso giorno piazza Tienanmen era stata sgombrata.
Quando Deng Xiaoping riapparve in pubblico affermò che la soppressione era stata necessaria in quanto il vero obiettivo del movimento era quello di rovesciare il Partito e lo Stato e di instaurare una repubblica capitalista dipendente dall'Occidente.
Seguì una grande purga politica all’interno della Repubblica Popolare Cinese e una grande indignazione nel resto del mondo.

La protesta di piazza Tiananmen con il suo movimento studentesco pro-democratico e la carneficina perpetrata dal governo cinese, segna il punto di svolta sia nella storia economica della Cina, che divenne economia di mercato, sia in quella politica, che vide il consolidamento dei poteri del PCC e il conseguente autoritarismo che ha alimentato la corruzione, la censura e allargato il divario tra ricchi e poveri.

Non sappiamo gli scenari che si sarebbero susseguiti se Deng Xiao Ping avesse adottato una linea morbida, se i carrarmati e le truppe governative non fossero state obbligate a marciare verso piazza Tiananmen contro il suo stesso popolo, se il Rivoltoso Sconosciuto non fosse divenuto il simbolo della libertà e dell’opposizione alla dittatura.

foto di Jeff Widener
Oggi ancora non sappiamo e capiamo se e quanto i fatti siano stati travisati, se e quanto le nuove generazioni cinesi sappiano e conoscano la realtà dei fatti accaduti.
Se a qualcuno importi ancora dei genitori che hanno pianto la morte dei propri figli che protestavano per avere più diritti.
Non lo sappiamo ma io credo che pochi oggi in Cina sentano il bisogno di ricordare. 
Non perché siano persone meschine, ma perché probabilmente si pensa che qualsiasi siano state le ragioni, queste si siano dimostrate vincenti e perciò giustificate.
Molti cinesi credono che anche se nel proprio Paese ci sono problemi di democrazia e censura, di controlli eccessivi e di corruzione, questi siano il mezzo che giustifica il fine, e tendono ad essere nazionalisti e ad appoggiare comunque il governo.
La Cina sta vivendo un periodo di progresso mai visto. 
La stragrande maggioranza di persone ha raggiunto un livello di benessere inimmaginabile fino a pochi anni fa. Nelle case ci sono le lavatrici, TaoBao permette di acquistare generi alla portata di tutti, si può andare in vacanza, al cinema, a teatro, al ristorante. 
Sono lontani per molti le giornate di solo duro lavoro e chi ancora è costretto a vivere nella povertà più assoluta, vede il progresso accanto a sé e crede in un riscatto prossimo futuro per sé e per la propria famiglia.
Nonostante tutto si respira speranza qui in Cina.
La società che protesta è una società che soffre.

Oggi in Cina i diritti soffrono, ma la popolazione è felice. Una dicotomia questa che gioca a favore del governo, della perpetuazione della sua manipolazione della storia e di tutti i mezzi che permettono di governare in maniera più semplice ed efficiente una popolazione che ha superato il miliardo di unità.




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